Giovanni Marro

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Giovanni Marro

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato20 ottobre 1939 –
31 luglio 1945 (deferito all'alta corte)
LegislaturaXXX
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studiolaurea in medicina e chirurgia
UniversitàUniversità degli Studi di Torino
Professionemedico e antropologo

Giovanni Marro (Limone Piemonte, 29 maggio 1875Torino, 20 luglio 1952) è stato un medico, antropologo e politico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Laureatosi in medicina e chirurgia presso l'Università degli Studi di Torino, si specializzò in psichiatria integrandola con ricerche di antropologia fisica.

Nel 1923 gli venne affidato l'incarico di insegnamento dell'antropologia generale, che nel 1940 divenne la cattedra di antropologia. Iniziò a lavorare nell'ospedale psichiatrico di Collegno, per poi divenire il direttore del Laboratorio di anatomia annesso all'ex manicomio nel 1938.

Attività scientifica[modifica | modifica wikitesto]

Oltre ad occuparsi della salute dei pazienti ricoverati nella struttura ospedaliera di Collegno, si dedicò anche al loro coinvolgimento in attività creative producendo diversi manufatti, che furono poi collezionati e studiati dallo stesso Marro. Tale produzione, detta "arte paranoica" o "arte dei pazzi", successivamente denominata "art brut", costituì una delle collezioni del Museo di Antropologia ed Etnografia dell'Università di Torino, che fondò nel 1926 con sede dapprima presso Palazzo Carignano e poi presso il Palazzo dell'Ospedale San Giovanni Vecchio.

Si impegnò ad arricchire le collezioni del Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino con centinaia di scheletri di antichi egizi provenienti dagli scavi delle missioni archeologiche cui lui stesso partecipò: nel 1911 su invito del professore Ernesto Schiaparelli e dal 1930 al 1935 in propria autonomia.

Allo stesso tempo lavorò all'ordinamento dell'archivio inedito di Bernardino Drovetti: tali documenti furono poi donati all'Accademia delle Scienze di Torino e fanno parte del fondo Drovetti.

Nel 1929 scoprì in Val Camonica un grande complesso di incisioni rupestri su cui pubblicò vari lavori di paletnologia e fece produrre diverse campagne fotografiche, di disegno e copie in gesso da conservare presso il Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino.

Fu iniziato in Massoneria nella Loggia Fides di Rivoli (Torino) e divenne Maestro massone il 29 giugno 1908[1].

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni del regime fascista pubblicò numerosi contributi a sostegno del concetto di "razza" e sostenne le Leggi razziali fasciste.

Nel 1939 fu chiamato a curare l'esposizione de La Sala della Razza presso la Promotrice delle Belle Arti, al Parco del Valentino di Torino, in occasione della rassegna Torino e l'autarchia.

In seguito alla caduta del regime fascista, fu allontanato dall'Università di Torino per essere infine reintegrato come docente tre anni prima della sua morte.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Arte rupestre zoomorfica in Val Camonica, in Rivista di Antropologia, 29, 1930 pp. 209-243
  • Il grandioso monumento paletnologico di Valcamonica, in Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino, LXVII, disp. 1ª e 2ª, Torino, 1932, pp. 413-489
  • Le incisioni rupestri delle Alpi Marittime e della Valcamonica, in Rivista di studi liguri, anno 12, 1946, n. 1-3

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 2005, p. 179.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Controllo di autoritàVIAF (EN90269654 · ISNI (EN0000 0000 7358 401X · SBN PALV039325 · BAV 495/232729 · LCCN (ENno2009200124 · GND (DE139657762 · CONOR.SI (SL144154467 · WorldCat Identities (ENlccn-no2009200124